L’appuntamento è a palazzo Cheope alle 3:30. L’aereo parte da Orio al Serio alle 6:30. Fabietto da Bobbio “non ci sta più dentro” ed arriva con mezz’ora di anticipo. L’aria è sporcata da una nebbiolina rada. I nostri sorrisi allietano l’ora, il freddo ed il viaggio.
Siamo tutti di corsa, dal caricare i bagagli in auto a cercare il parcheggio giusto fino al gate che ci sollecita prima della chiusura. Rayanair offre un ottimo servizio a costi ridotti e grazie all’ultimo volo diretto prima della chiusura invernale della tratta, in un paio d’ore atterriamo a Kos. Da qui in 10 minuti di taxi e sirtaki si arriva al porticciolo di Masticari dove ci si imbarca su un piccolo traghetto, di quelli che in Italia non se ne vedono più fatta eccezione per alcuni che arrivano a Lampedusa dalle coste africane…
Ad attenderci al porto di Pothia è Stefanos Gerakios, l’originale! Saliamo in 6 sulla sua auto tutta “sgarruppata”, ci stiamo tutti, tutti tranne la mia valigia che rimane fuori dal bagagliaio per metà, impedendo la chiusura del portellone che durante il tragitto si alza come uno spoiler. Ma non importa. Qui è tutto molto più semplice. La cosa fondamentale è che Anna, moglie squisita di Stefanos, ed i suoi ricci ribelli nero pece, ci stanno aspettando alla Climbing House per la colazione più buona del pianeta: pane, miele di Kalymnos e Jogurt greco.
Soddisfatti e rifocillati buttiamo le valige in camera ed in men che non si dica saltiamo sugli scooter e di colpo torniamo adolescenti, quando il massimo della vita era girare in 2 in motorino, legati stretti al guidatore, con il vento in faccia ed un sorriso ampio senza pensieri.
I profumi ti travolgono e stimolano i sensi: si passa dal pesce grigliato nel piccolo abitato di Massuri all’inebriante timo che ti accompagna lungo i sentieri che conducono alle falesie. E di queste ultime ce ne sono per tutti i gusti, di tutti gli stili. Basta alzare lo sguardo per trovare grotte solcate da canne e tufas oppure placche violente a tacche, aggettanti verticali o appoggiate.
Il primo ed il secondo giorno corriamo da una via all’altra, senza sosta. Come prima falesia scopriamo Odyssey, un susseguirsi di grotte e muri verticali. Il giorno seguente la meta è Arginonta: nonostante avesse molte vie, di diversi stili, non ci è rimasta nel cuore. La sua esposizione consentiva di arrampicare senza il forte vento che stava spazzando l’isola in quei giorni così da renderla particolarmente affollata. Senza ombra di dubbio, quella che più ci ha regalato forti emozioni di pancia è Secret Garden. Per raggiungerla è necessario attraversare l’isola e dopo una mezz’oretta di cammino si palesa questo bellissimo muro leggermente strapiombante che guarda il mare blu da vicino. Nemmeno le mani esperte di un abile scultore sarebbero riuscite a plasmare quelle tufas di forme così varie da creare delle vere e proprie manette, regalandoci un’arrampicata sportiva di resistenza, adrenalinica ed incredibile. Anche Ghost Kitchen merita di essere menzionata: le placche verticali di roccia grigia a sinistra della grotta offrono un’arrampicata tecnica di equilibrio e di dita. La grotta è quella di Kaly: technical pumping tufa pinces, la presa più piccola è grande come una cornetta del telefono, l’appoggio più piccolo è grande come un microonde. Per provare un po’ di vie tra Spartan Wall e Poets abbiamo impiegato 2 giorni: questa vasta fascia rocciosa propone circa 700 vie… L’ultimo giorno abbiamo arrampicato a North Cape che complice la stanchezza non ci ha mostrato il suo lato magico; fatta eccezione per un tiro di 40 metri, chiodato dai fratelli Remy. Una roccia tagliente, le tacche uscivano dalla roccia come foglie dai margini affilati, in cima Cattadori, dopo questo viaggio, ha cercato pure il libro di vetta!
Le giornate sono scandite dal ciclo naturale della luce e del buio anche perché solo un paio di smartphone si sono aggiornati con il fuso greco. Così nell’incertezza decidiamo di vivere senza orologio. Tappa fissa pre-falesia è il baretto “Sofrano”, probabilmente l’unico di tutta l’isola in grado di fare un vero espresso.
All’imbrunire si scende dalle falesie con le dita bruciate dal grip della roccia e gli avambracci gonfi di tufas in strapiombo. Arriva il momento di Fatolitis, il mitico baretto con l’albero delle scarpette. Il proprietario e le sue figlie sanno creare un ambiente semplice e solare, la loro birretta si trasforma nella birra più buona e dissetante della storia conosciuta.
Il cielo a Kalymnos è sempre terso e volte rannuvola ma, come ci ha detto un saggio un giorno, “Kalymsos? Rayning? Half an hour!”. Ed ha perfettamente ragione! Per quei 30 minuti, romantici, basta rifugiarsi ad arrampicare nelle numerose grotte.
La sera arriviamo sempre stanchi, svuotati dalle emozioni verticali che si avvicendano, una dietro l’altra, una diversa dall’altra; mettere le gambe sotto il tavolo rappresenta un momento magico, di ripresa per il corpo e lo spirito. Sicuramente il ristorante Aegean è quello che più ha soddisfatto i nostri palati ma Panos ci ha regalato molta birra per dissetare le nostre gole, secche di risate e vento greco (ad ogni birra ce ne hanno portata una in omaggio), ed un incontro con un top climber….
La settimana scorre veloce, troppo veloce ed arriviamo così all’ultima cena greca, organizzata dal nostro padrone di casa Stefanos alla Climbing House, a base di fagioli… TOP!!!!! Scopriamo così che i primi chiodatori di Kalymnos, italiani, hanno alloggiato qui, dove siamo noi!
Ultimo limone a colazione per il nostro bel toscano Raffaele alias Cobra (do you know Camaiore?), dice che depura e regolarizza, e via sul traghetto di ritorno: CIAO KALY GRAZIE DI TUTTO! Speriamo di vederci presto, magari ad Aprile quando riprende la tratta dei voli diretti.
Cecilia Meazza